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Dagli sviluppatori originali di Vampire della White Wolf,
la saga del destino dell'umanità fra le stelle...
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Overkill e Maddaleine
di Alexandre Lanciani
(Luglio 2000)
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"Non abbiate paura della morte, fratelli
miei, ché se il corpo è destinato a tornare
alla cenere, l'anima immortale si librerà nell'infinità
dello spazio fino alla fine dell'eternità."
- dai Vangeli Omega, XX, 15.
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Overkill si sentiva osservato. Spazzò con lo
sguardo l'interno del vagone semivuoto. Dietro i finestrini, il
panorama desolato sfrecciava mentre il treno a monorotaia lo attraversava
velocemente. I suoi occhi nascosti dagli occhiali scuri si fermarono
su una coppia di ragazze, poco più che adolescenti, che lo
guardavano di sottecchi e poi si scambiavano starnazzando ammiccanti
occhiate d'intesa.
Overkill si rilassò sul suo sedile di legno, aspirando una
boccata di fumo dalla sigaretta che si manteneva in equilibrio incollata
al suo labbro inferiore. Lasciò che un ghigno gli affiorasse
sul volto. Il suo mantello di pelle nera dal collo alto si aprì
rivelando un completo di cuoio borchiato e imbottito sui punti vitali,
l'impugnatura della scimitarra che gli pendeva dal fianco sinistro
e la pistola laser nel fodero allacciato lungo la coscia destra.
Il pugnale infilato nello stivale e il laser palmare celato nel
bracciale d'argento intorno al polso sinistro rimasero invece ben
nascosti. Sarebbe bastato il suo sorriso a trentadue denti di plastacciaio
a far scappare via le ragazze, pensò Overkill. Certamente
aveva già fatto fuggire più di un duro "libero
professionista". Proprio non sapeva cosa ci fosse in lui che
attraesse le donne; forse il suo aspetto rude e vissuto, le cicatrici
che ormai si erano trasformate in rughe d'espressione sulla pelle
olivastra; forse i capelli neri tagliati corti, a spazzola, e la
mascella squadrata, che gli conferivano un magnetismo antico, quasi
barbaro. Tutto ciò gli serviva a impressionare e terrorizzare
le sue vittime, ma evidentemente aveva anche altri usi, che però
non gli interessavano: Overkill era un uccisore, membro dell'omonima
Gilda, e il suo mentore non aveva ritenuto necessario insegnargli
a essere cortese e affabile, affascinante e brillante.
Sorprendentemente, però, queste cose gli riuscivano naturali.
E lo portavano a interrogarsi su altre cose che non sapeva di se
stesso. Perché Overkill ignorava quasi tutto sul proprio
conto. Sapeva di aver avuto (almeno?) due passati. Uno lo ricordava
fin troppo bene, ma dell'altro (degli altri?) non ne aveva alcuna
memoria. Memoria cosciente, cioè, poiché dal suo subconscio
a volte affioravano degli automatismi che stupivano persino lui.
Come quella volta che si era ritrovato a inseguire una potenziale
vittima a cavallo, o quando fu costretto a presenziare un banchetto
Decados e le sue infrazioni al protocollo non furono così
frequenti come ci si sarebbe potuto aspettare.
Al contrario il suo passato da gladiatore lo ricordava fin troppo
bene. Era stato ritrovato dall'Adunata in fin di vita sul campo
di una battaglia dimenticata delle Guerre per l'Imperatore. Che
accidenti ci facesse un bambino, forse dodicenne, lì, nessuno
lo sapeva, e se anche qualcuno l'avesse saputo comunque non l'avrebbe
detto. Sta di fatto che i soldati dell'Adunata pensavano di farne
uno schiavo per le miniere e invece si resero conto che il ragazzino
aveva la stoffa del guerriero quando uccise un altro ragazzo che
lo stava infastidendo. Overkill non ricordava più il motivo
per cui erano arrivati alle mani, lui e l'altro ragazzo, ma si ricordava
benissimo l'espressione del malcapitato mentre veniva strozzato,
con una mano sola, la sua trachea stretta in una morsa mortale.
Allora Overkill ancora non aveva un nome, e gli venne dato quello
che poi portò per tutta la vita proprio in onore a questa
abitudine di usare mezzi eccessivi per raggiungere gli scopi che
si prefiggeva.
Così era anche nell'arena. Overkill non conosceva combattimenti
finti, recite organizzate solo per far divertire il pubblico. Anzi,
combatteva come se il pubblico non ci fosse stato; le urla della
folla schiamazzante che inneggiava mentre egli piroettava su se
stesso facendo lampeggiare la scimitarra lo irritavano, e neanche
la soddisfazione di vedere il suo avversario chiedere pietà
bastava a calmarlo. Erano giorni duri, quelli passati nelle arene
della galassia, soprattutto perché i suoi avversari avevano
almeno dieci anni più di lui. Ma lo stesso scopo: sopravvivere.
Quando l'Uccisore che sarebbe diventato il suo mentore lo comprò
dall'Adunata che l'aveva salvato su quel campo di battaglia, Overkill
non poteva avere più di quindici anni. Ne dimostrava già
venti. Adesso aveva vent'anni, ma ne dimostrava trenta.
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La brusca frenata, accompagnata dallo stridente cigolio
delle ruote sulla rotaia, strappò la mente di Overkill dalle
sue fantasticherie. L'assassino si alzò, prese il suo bagaglio
(una semplice valigia nera) e si avvicinò a una porta, che
prima si schiuse di scatto quindi si spalancò più
lentamente. Overkill scese dal treno e si addentrò nella
stazione affollata di gente maleodorante e malvestita. L'aria gemeva
ogni volta che un nuovo treno, sbuffando come un toro inferocito,
arrivava o partiva, oppure quando veniva dilaniata dalla voce crepitante
dell'altoparlante.
Attraversando la stazione con passo spedito, uscì nella cittadina
dagli edifici bassi e addossati gli uni contro gli altri, dai caminetti
fumanti nell'aria fredda sotto un grigio cielo e un sole appassito;
si diresse verso l'insegna della locanda in cui avrebbe passato
i prossimi giorni aspettando l'arrivo del bersaglio. Le formalità
alla reception vennero sbrigate rapidamente, cosicché presto
Overkill si ritrovò solo nella sua stanza dalle pareti fatiscenti,
le finestre opache e il letto sporco. Naturalmente queste cose le
osservò soltanto, ma non gli attribuì molta importanza:
aveva vissuto in posti di gran lunga peggiori. Però, pensò,
con il suo stipendio forse si poteva permettere qualcosa di meglio.
Che si stesse rammollendo? Magari un paio di mesi nell'arena gli
avrebbero fatto rivedere le cose dalla giusta prospettiva. Sorrise,
appoggiò la valigia a terra, si liberò del mantello,
della scimitarra e della pistola, mettendole però dove nessuno
che avesse fatto irruzione nella stanza sarebbe riuscito ad arrivare
prima di lui; quindi si sdraiò sul letto, rilassando tutti
i muscoli del corpo e spegnendo la mente. Quando si rilassava in
questo modo, rimaneva completamente in balìa dei suoi riflessi,
che erano stati addestrati per obbedire a un primordiale istinto
di sopravvivenza. Il suo mentore gli aveva insegnato a essere più
pericoloso quando era distratto che quando era attento. Fortunatamente
per lei, la ragazza che entrò nella camera di Overkill fece
abbastanza rumore sulle scale di legno da farlo uscire dalla sua
trance prima che la porta si aprisse.
Così quando entrò nella stanza, tentennando, barcollando
quasi, lo vide già seduto sul bordo del letto, con un braccio
rilassato lungo la gamba destra e la mano pronta ad afferrare il
pugnale nascosto nello stivale. Overkill la guardò, e vide
una ragazza di circa vent'anni, con un trucco pesante che invece
di sottolineare i suoi bei tratti eleganti li nascondeva e dei vestiti
che non lasciavano affatto immaginare le sue curve prosperose ma
le mostravano troppo apertamente, cancellando buona parte del loro
fascino. La ragazza richiuse la porta e ci appoggiò la schiena,
abbozzando un sorriso. Le sue labbra erano molto carnose, e i denti
brillavano come perle, e il suo sorriso sarebbe potuto essere stupendo
se avesse contagiato anche il resto del volto. Ma i tratti erano
celati dal trucco e gli occhi non nascondevano che la sua mente
fosse altrove, anche se non rivelavano dove.
"Ciao, bello!" disse lei, sbottando a ridere.
"Devi aver sbagliato stanza, ragazza" rispose Overkill,
senza allontanare la mano dal pugnale.
"Non credo, bello!" e gli si avvicinò con il suo
passo insicuro. La voce voleva essere sensuale, ma suonò
piuttosto stridula e fuori posto. "Alto, tenebroso, fa paura...
Sicuramente gli piacciono i giochetti. Ti piacciono i giochetti?"
Overkill afferrò l'elsa del pugnale quando la ragazza gli
prese l'altra mano, ma la lasciò quando vide che la ragazza
gli aveva preso la mano per colpirsi. Overkill si bloccò
e lei lasciò la presa e cadde a terra. Per nulla demoralizzata,
la ragazza gli si inginocchiò tra le gambe e si passò
la lingua sulle labbra, ricoprendole di un sottile strato di saliva
luccicante. Quindi gli accarezzò le cosce fasciate dai pantaloni
di cuoio. Ma appena venne toccato, Overkill reagì di scatto
e la spinse via, mandandola di nuovo a rotolare per terra.
"Smettila, stupida!" esclamò Overkill balzando
in piedi. "Ti ho detto che hai sbagliato stanza. Ora vattene!"
La ragazza non si rialzò, ma gli rivolse uno sguardo infuocato,
la cui intensità lo sorprese. Un fiero orgoglio aveva inondato
il vuoto che si apriva dietro i suoi occhi.
"Non sono una stupida!" strillò. "Ho quindici
anni, e sono grande e responsabile! Non c'è bisogno che gli
altri mi dicano cosa devo fare! Hai capito?"
Strisciò per terra fino a una parete dove si accoccolò
con le gambe strette al petto e la testa voltata nella direzione
opposta a quella dove si trovava Overkill, in modo che non le potesse
vedere il volto, e tuttavia i singhiozzi che le scuotevano il torace
rivelavano che stava piangendo.
Overkill la guardò per qualche istante con stupore misto
a un sentimento che non riusciva a identificare ma che si manifestava
come una pressione sul plesso solare e la sensazione che l'intestino
gli si stesse annodando.
"Tu sei pazza, e io non so che farmene di te." disse Overkill.
Poi, più gentilmente: "Ora vattene, dai... Non puoi
stare qui."
"Sei un bastardo, ecco cosa sei. Tieni, guarda, se non credi
che io sia abbastanza grande da fare quello che mi pare!" rispose
lei con la voce tremante. Si strappò una collana e gliela
gettò. Overkill la prese al volo. A un'estremità della
collana era fissato un ciondolo d'argento con il ritratto di una
bambina, e sul retro c'era scritto: "Alla nostra amata Maddy,
per il suo tredicesimo compleanno".
Il nodo nell'intestino di Overkill si strinse, e la pressione sul
plesso solare divenne schiacciante. Sotto la scritta c'era una data.
Una data di due anni prima. Quella ragazza aveva davvero quindici
anni. Tanti quanti ne compiva lui il giorno che fu portato via dall'arena.
Lentamente, con timore, i suoi occhi si alzarono per incontrare
la figura della povera ragazzina rannicchiata contro il muro, e
pensò alla sorella che fino a quel momento aveva ignorato
di avere. Qualcosa si ruppe dentro di lui, e con una singola contrazione
dei muscoli della mano accartocciò il ciondolo, quindi lo
gettò via. A grandi passi si avviò verso Maddaleine,
che si ritrasse spaventata. Ma la determinazione di Overkill era
troppo forte ed egli la paralizzò con la durezza del suo
sguardo. Maddaleine annaspò mentre l'ombra del gigante nero
la ricopriva, e sgranò gli occhi, aprendo la bocca emettendo
un grido silenzioso quando lui l'afferrò per i polsi, l'alzò
e la schiacciò contro il muro.
Tenendola ferma con una mano, Overkill usò l'altra per strappargli
quella scusa di vestito. Era già stata violentata molte volte,
sia per finta da clienti incapaci di trovare piacere in modi più
normali, sia dai suoi padroni per piegarla e sottometterla ai loro
piani. Ma nella sua espressione non c'era traccia di lussuria, ma
qualcos'altro di completamente diverso che non aveva mai visto prima.
O forse sì, ma l'aveva dimenticato. E ora lo stava ricordando.
Qualcosa che le fece desiderare di potersi coprire, anche se ormai
era abituata a stare nuda di fronte agli uomini. Perché Overkill
la guardava in faccia, non lasciava che il suo sguardo percorresse
il suo corpo come una mano lasciva. Negli occhi dell'assassino non
vedeva l'immagine di sé che si specchiava negli occhi di
coloro che la adoperavano come un arnese. C'era Maddaleine lì,
una persona, e quello sguardo rabbioso era carico della fredda realtà
dalla quale si era estraniata e che ora la stava impietosamente
investendo. Maddy capì - finalmente, dopo molto tempo - cosa
le avevano fatto, se si vergognava della sua nudità davanti
a quegli occhi che non la vedevano mentre non si vergognava di sfilare
per le vie della città offrendosi a sguardi che la spogliavano
nonostante, o meglio con l'aiuto, dei suoi vestiti.
Overkill fece un passo indietro, e la squadrò. Vide le cicatrici
sotto la coppa dei seni, impossibilmente grandi per una quindicenne,
frutto della mano mercenaria di qualche chirurgo che suppliva alla
propria incapacità professionale con un abbondante mancanza
di scrupoli. Vide i lividi bluastri sulla pelle caparbiamente giovane
e fresca, e i corti, ricci, peli biondi adolescenziali incorniciare
una vulva slabbrata e arrossata. Overkill incrociò il suo
sguardo, e fu come guardare attraverso una finestra che dava su
un altro mondo.
Vide una bella ragazza, dal sorriso solare e il volto
radioso, una personalità fiera e combattiva, alle porte di
una vita gioiosa e felice, scherzare vezzosamente con un innamorato
che la inseguiva attraverso un campo di grano dorato come i suoi
capelli. Ma il cielo azzurro si rabbuiò e comparvero nuvole
tonanti. La terra si spalancò e la ragazza cadde in un pozzo
senza fine. Dalle pareti buie del pozzo fuoriuscivano delle braccia
dalla pelle incartapecorita che cercavano di afferrarla con mani
nodose, ma riuscivano solo a lacerarle il vestito. Alla fine, sparì
nell'oscurità del pozzo e riapparve nuda e sdraiata su un
altare di basalto. Aveva i polsi e le sottili caviglie fissati all'altare
con delle cinghie di ferro arrugginito, e intorno a lei, nella penombra,
si aggiravano delle figure nere, quasi delle emanazioni antropomorfe
delle tenebre.
Vide il suo corpo cambiare, come un frutto che marcisce, che prima
si gonfia e diventa molle e contuso, e poi avvizzisce. Vide le figure
rubarle ciò che prima si era rifiutata di dare via, conservandolo
per il momento migliore, dove avrebbe concesso tutta se stessa senza
vergogna. E invece la vide vergognarsi - vergognarsi di ciò
che altri le avevano fatto. Vide il fuoco della sua personalità
- ciò che la faceva ardere di vita - diventare sempre più
piccolo, soffocato dal vuoto lasciato da ciò che le tenebre
le avevano portato via.
Le avevano portato via la sua immagine, cambiandola con un'altra
nella quale non riusciva a riconoscersi. Le avevano portato via
la sua razza, la sua specie, perché ormai era troppo mutata,
nel corpo e nell'anima, per poter ancora dire di essere simile al
suo prossimo. Troppe esperienze premature e stupidi stereotipi pronti
a stuzzicare l'immaginario ottuso delle persone l'avevano allontanata
da quello che un tempo era stato il suo mondo. Troppo dolore nel
cercare di portare avanti due vite: già una sola le chiedeva
tutto quello che poteva dare.
Ma la cosa più importante che le avevano tolto, e che le
tolsero per prima, era ancora un'altra.
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Overkill entrò nel corridoio che dall'arena
vera e propria conduceva al dormitorio dei gladiatori. Le panche
lungo le pareti erano occupate da coloro che ancora dovevano combattere.
Passò tra di loro, con i vestiti incrostati di sangue misto
a polvere, sudore e interiora, come quelli di un macellaio che ha
appena squartato un porco, senza degnarli di uno sguardo. I suoi
occhi si stavano ancora abituando alla transizione dalla luminosità
diffusa del cielo estivo che sovrastava l'arena alla fresca penombra
il cui regno nel corridoio era disputato solo da fasci isolati di
luce bianca che filtravano dalle feritoie. Ma era ben cosciente
di essere osservato. Non aveva bisogno di guardarli, per sapere
i sentimenti che i suoi "compagni" nutrivano per lui.
Sapeva di essere odiato e temuto, ma soprattutto disprezzato come
una mostruosità, per il modo con cui affrontava la vita del
gladiatore. Tutti trovavano innaturale che uccidere risultasse così
facile a un ragazzino. Così divertente. La realtà
è che Overkill non lo trovava affatto divertente, ma neanche
innaturale. Forse la cosa più innaturale era proprio la naturalezza
con cui uccideva, la sua freddezza. Era come se qualcuno avesse
trovato il centro nevralgico delle sue emozioni e glielo avesse
asportato chirurgicamente. A quell'epoca aveva quattordici anni
ed era già un campione dell'arena, sebbene fosse ancora lontano
dal raggiungimento del suo vero potenziale.
Un novellino si alzò da una panca e gli bloccò la
strada. Cercò di squadrarlo minacciosamente, ma non riusciva
nemmeno a fissarlo negli occhi.
"Che vuoi?" gli chiese Overkill.
"Maledizione! Voglio sapere come fai?" rispose l'altro,
tirando su col naso - un gesto che tradì il suo nervosismo.
"A fare cosa?" chiese ancora Overkill, divaricando leggermente
le gambe e flettendo le ginocchia, in modo da assumere una posizione
più stabile ma allo stesso tempo pronta a farlo scattare.
"Come fai a ucciderci tutti? Come fai a uccidere?" sbottò
il novellino. Poi cadde sulla panca e si nascose la faccia tra le
mani. "Maledizione, io non sono un assassino! Non voglio diventare
un assassino..."
Overkill lo guardò dall'alto in basso.
"Perché non scappi" gli chiese, "se questa
vita non fa per te?"
"E come potrei?" fu la risposta. "Mi ucciderebbero
subito."
Overkill esplose in una risata metallica.
"Quindi per non morire uccidi gli altri? Allora evidentemente,
anche se dici il contrario, questa vita ti piace. Perché
se non ti piacesse, non la difenderesti a costo della vita altrui.
Questo, oppure disprezzi tanto i tuoi compagni da considerare la
loro vita più miserevole della tua. In entrambi i casi mi
sembra che sei messo meglio di quelli che ti circondano."
Il novellino spalancò gli occhi e alzò lo sguardo
per fissare il volto che lo sovrastava, dalle fattezze distorte
in un ghigno. "Ma che dici?" chiese, scuotendo la testa.
"Semplice. Nessuno ti può obbligare a fare una cosa
che non vuoi fare. Sei sempre tu a decidere quale strada scegliere
tra quelle che ti si presentano davanti. Puoi scegliere di rimanere
oppure di tentare la fuga. Se scegli la fuga, probabilmente sarai
ucciso, ma può anche darsi tu riesca a scappare. Ma se decidi
di rimanere, sicuramente prima o poi sarai ucciso, quando incontrerai
qualcuno più forte di te."
Overkill lo soppesò con gli occhi, quindi proseguì:
"Secondo me non dureresti comunque molto. A questo punto devi
scegliere se morire dopo una vita ipocrita oppure dopo una vita
coraggiosa. Spetta a te decidere."
Quindi riprese a camminare verso il dormitorio. Aveva proprio bisogno
di farsi una doccia: l'odore delle lacrime di quel rammollito l'aveva
sporcato più del combattimento nell'arena!
La stanza era fredda e umida, fiocamente illuminata
da una lampada ad olio che emanava un lezzo dolciastro; uno scantinato
dal soffitto percorso da tubi gocciolanti e dalle pareti ricoperte
di muffa e infiltrazioni. In mezzo al pavimento cosparso di rifiuti
c'era Maddy, nuda e avvolta su se stessa in posizione fetale. Sembrava
non essere cosciente di quello che le stava accadendo intorno, della
coppia di ratti spaventati ma al tempo stesso incuriositi e attratti
dalla sua presenza e dal suo odore appetitoso; del millepiedi che,
avendola scambiata per un'altra pila di rifiuti, le si stava pigramente
arrampicando su una gamba.
La sua mente era completamente colmata dalle terribili, lancinanti,
fitte di dolore bianco che le scaturivano dal basso ventre e le
si diffondevano fulminanti lungo tutti i nervi, facendoli schioccare
come fruste. E quando uno di questi impulsi di dolore accecante
raggiungeva il cervello, eccitava una voce, che non era la sua eppure
che ne aveva il timbro, che le sussurrava dentro: "Mi è
proprio piaciuto... "
Il mondo era impazzito, non c'erano dubbi. "L'inferno è
qui, adesso..." pensò. Ma la voce - quella voce così
simile alla sua - rispose: "L'Inferno? Ma questo è il
Paradiso!"
Si sentiva sporca fin dentro l'anima. Avrebbe voluto strapparsela
e gettarla nel fuoco. E invece neanche nell'antro più profondo
e oscuro della sua mente, dove non era mai stata prima, riusciva
a dimenticare ciò che le era successo. Anzi, si sentiva vittima
di una seconda violenza, poiché se prima il suo corpo era
stato violato nel suo punto più intimo, adesso quella voce
violava la parte più intima della sua mente. Dove sarebbe
potuta scappare, se persino lì quell'incubo diventato realtà
riusciva a raggiungerla?
Avrebbe voluto raschiarsi via la pelle su cui erano passate le loro
mani sporche e ruvide ("Sapevano dove toccare, eh?"),
cavarsi la lingua bagnata della loro saliva ("Altro che i baci
sulla guancia dei ragazzini di campagna!"), strapparsi il ventre
in cui si erano mossi ("Un'esperienza da riprovare, non trovi?")...
Cosa poteva fare, se neanche la tempesta di emozioni e di passioni
suscitata dall'apice della sua epilettica voglia di autodistruzione
riusciva ad affogare nel suo fragore il suono stridente di quella
maledetta voce? "Lasciarti andare, e arrenderti. Perché
non hai scelta, cara mia, non ne hai mai avuta... Noi vogliamo il
tuo corpo, tutto il resto non ci interessa. E vedrai che in un modo
o nell'altro ce lo prenderemo. Quindi dai retta a me: getta alle
ortiche la tua anima, e dacci quello che rimane. A che serve rimandare
l'inevitabile?"
Overkill arretrò, intimorito. Maddaleine si
accasciò al suolo, come se l'unica cosa che l'avesse tenuta
in piedi era il ponte tra la sua mente e quella del giovane assassino,
e adesso che quel ponte si era spezzato perché lui aveva
distolto lo sguardo non c'era più nulla che la sostenesse.
Overkill si costrinse a guardarla di nuovo. La vide tremare violentemente.
Piangere in silenzio. Era sempre così che faceva. Ora lo
sapeva bene. Quando la sua mente era caduta negli occhi della povera
piccola Maddy e le loro menti si erano fuse in una grazie ai poteri
che neanche lei sapeva di possedere, ma che l'avevano resa ancora
più vulnerabile, lui aveva sperimentato in pochi istanti
un anno e mezzo di dolore, violenza e umiliazione. Il suo mentore
gli aveva insegnato come chiudere la mente a qualunque intrusione,
eppure lei era entrata. Nessuna tortura avrebbe potuto piegarlo,
eppure lei l'aveva spezzato. Con una delicatezza quasi patetica
per uno come lui, le si avvicinò. Voleva prenderla tra le
braccia, avrebbe voluto che lei gli appoggiasse sul petto la testa.
Ma non sapeva da dove cominciare. Si inginocchiò accanto
a lei, e restò lì, fermo, a guardarla. E poi, dagli
abissi della sua mente emerse il ricordo di una mano calda e confortevole
che gli rimboccava le coperte nelle freddi notti invernali del suo
pianeta natale. Allora Overkill coprì Maddy col suo nero
mantello di pelle, e la strinse a sè per riscaldarla. E quando
si calmò e riaprì gli occhi, Maddy vide che a correre
lungo una cicatrice che sfregiava la guancia di Overkill, quasi
fosse il letto di un ruscello da troppo tempo in secca, c'era una
lacrima.
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Overkill varcò la soglia del Santuario Aeon
con circospezione, quasi con cautela. Non aveva con se né
la scimitarra né la pistola laser, e al posto della sua solita
armatura indossava dei normali abiti di buona fattura. Entrò
nel luminoso cortile decorato da statue di marmo e da fiori i cui
colori dolci ma variegati stridevano con il pesante grigiore del
cielo. Il rumore dell'acqua che scrosciava da una fontana di arenaria
e il cinguettio degli uccellini intessevano una piacevole e lenitiva
melodia. Overkill si diresse verso l'edificio principale del Santuario,
lungo un sentiero di ghiaia che serpeggiava tra le siepi sapientemente
potate.
Contagiato dall'atmosfera tranquilla e rilassante, non si accorse
dell'anziana Amalteana che stava lì ad osservarlo.
"Benvenuto... Maddy ti sta aspettando." disse, nascondendo
un sorriso.
Overkill si voltò di scatto e vide la Badessa del convento
guardarlo con aria sorniona e consapevole. Sin dal giorno in cui
aveva messo per la prima volta piede nel Santuario per affidare
Maddy alle cure di quelle suore, non aveva potuto fare a meno di
sentirsi in imbarazzo davanti allo sguardo della vecchia. Uno sguardo
che mischiava triste compassione e ferrea disapprovazione. Ma che
voleva da lui? Che si aspettava? Overkill non aveva il coraggio
di chiederglielo, e così si limitava a sopportare - per il
bene di Maddaleine. Con un cenno della mano lo invitò a spostare
lo sguardo verso un roseto accanto al quale, inginocchiata, c'era
Maddy che si stava dando da fare per accudire i fiori.
"Come sta?" chiese Overkill.
"Meglio." rispose l'Amalteana. "Il Pancreatore ha
avuto pietà di lei e ci ha permesso di rimuoverle tutti quei
ricordi che la facevano soffrire, anche se non siamo riuscite a
farle dimenticare anche le sensazioni e gli istinti. Così
da una parte è come se fosse tornata indietro di due anni,
ad appena prima che venisse rapita, ma dall'altra il suo subconscio
ancora ricorda, o forse è proprio il suo corpo a ricordare."
Sospirò. Maddy era ancora troppo piccola per sottoporsi a
un intervento chirurgico che le restituisse la sua vera forma, e
nessuno avrebbe potuto prevedere come sarebbe cresciuta. Tutti i
dottori che l'avevano visitata avevano scosso la testa e detto che
"certi interventi non andrebbero eseguiti su chi non ha ancora
completato il proprio sviluppo", che potevano comprometterlo.
Eppure qualcuno aveva avuto l'incoscienza di farlo, e non ne avrebbe
pagato il prezzo. Overkill strinse i pugni e contrasse la mascella.
"Hai intenzione di prendere a pugni quel muro" gli chiese
la Badessa, "oppure pensi che sarebbe il caso di andare da
lei?"
"Scusate... Certo, sono venuto qui apposta!"
E si diresse verso di lei. Quando lo vide si alzò di scatto
e gli corse incontro. Gli gettò le braccia intorno al collo
e gli saltò in braccio, stringendolo forte come lui aveva
stretto lei quando si era risvegliata dopo che si erano uniti nell'agonia
dei loro incubi personali. Un po' rigido, Overkill le accarezzò
la testa con la mano. Sentì qualcuno soffocare una risata,
alle sue spalle.
"Madre, avrei una domanda da farvi" disse la giovane suora
alla Badessa, dopo che le si era rispettosamente avvicinata.
"Dimmi, Petra."
"Perché non permette a Maddaleine di prendere i voti?"
"Perché?" La Badessa sorrise e indicò il
prato dove Overkill e Maddy stavano seduti a parlare. "Tu credi
che lei ami davvero il Pancreatore con tutto il suo cuore? Guardali...
Sembrano così diversi, eppure sono uguali. Quando ho asportato
le memorie di Maddy, prima le ho controllate una per una, per sapere
quali lasciare e quali cancellare. Così io adesso so tutto
di entrambi, così come lui sa tutto di lei, ma capisce solo
la metà di ciò che sa, e lei sa tutto di lui, e lo
capirebbe se volesse, ma non vuole. Perché ha paura. Perché
quei due lì si amano, ma sono troppo stupidi per rendersene
conto."
"Stupidi?" si sorprese Petra. "Madre, voi siete molto
saggia. Ma in questo caso credo che vi stiate sbagliando. Non penso
che si tratti di stupidità."
"E di cosa, allora?" chiese la Badessa, alzando un sopracciglio.
"Di ignoranza." Petra sorrise notando la reazione dell'anziana
Amalteana. "Quei due non sanno cosa sia l'amore. All'età
in cui lo si scopre, erano entrambi troppo impegnati a sopravivere.
Buon Pancreatore, a nessuno dovrebbe essere tolta l'innocenza. Eppure
a entrambi è stata proprio tolta l'innocenza con cui si affrontano
due delle cose più importanti dell'esistenza: il sesso, e
la morte. Una vendeva sesso, l'altro vendeva morte, e come si fa
a trovare mistica una cosa che si vende?"
"È sorprendente che una suora votata alla castità
e credente nella vita eterna dica questo" disse la Badessa.
Ma Petra non si lasciò ingannare, poiché aveva capito
benissimo che la Badessa la stava solo mettendo alla prova. Così
continuò:
"Ma insieme possono ritrovare la loro infanzia. Possono crescere
insieme, e scoprire - insieme, ma ognuno per conto suo - quello
che gli è stato mostrato e imposto. Se volete, si potrebbe
dire che sono cresciuti troppo in fretta, e che quindi non hanno
imparato niente, e che ne sanno al tempo stesso di più e
di meno dei loro coetanei. Solo insieme possono riprendere a imparare
da dove avevano smesso. Perché lui non ha mai pensato all'orrore
della morte fino a quando non ha scoperto quanto potrebbe essere
orrendo perdere qualcuno che si ama, e lei non ha mai pensato alla
bellezza dell'amore fino a quando non si è resa conto quanto
potrebbe essere bello dare tutta se stessa a colui che si ama. Ma
naturalmente prima devono essere disposti ad ammettere di amarsi.
E prima di poterlo fare se ne devono rendere conto."
La Badessa rise di cuore, e abbracciò la giovane suora. "O
Petra, Petra!" disse. "Sei davvero la migliore delle mie
allieve. Già sapevi la risposta alla tua domanda quando me
l'hai posta. E sai anche la soluzione ai loro problemi. La soluzione
è in loro. Da soli possono santificarsi l'un l'altra. Non
hanno bisogno di nessun altro. Se solo volessero, potrebbero edificare
un tempio al Pancreatore molto più santo di qualsiasi tempio
di cemento."
"Ma come fare per far loro capire questa verità evidente?"
La Badessa la squadrò col suo sorriso sornione, e disse:
"Mi aspetto che tu trovi il modo prima che per me diventi impossibile
continuare a oppormi alla richiesta di Maddy."
Petra fece un inchino e si allontanò lungo i corridoi spogli
del Santuario, lasciando l'anziana e compiaciuta Badessa a guardare,
da una finestra, i due giovani e inconsapevoli amanti tenersi per
la mano nella fresca penombra del chiostro, mentre i raggi scarlatti
del sole crepuscolare tingevano la tela del cielo.
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"Se quello che la Chiesa dice fosse
vero, allora il crimine peggiore che si possa commettere è
lo spegnere lo spirito di una persona. Infatti sarebbe un
crimine cosmico, che infrange le leggi della natura: sarebbe
fare ciò che non può essere fatto, uccidere
ciò che non può essere ucciso." - N.
Point, Riflessioni sull'Estetica dell'Ortodossia.
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Dedicato a Gianluca Ciampaglia, il primo master
di Fading Suns a Roma
Statistiche d20 System Overkill
Maschio umano Soldato 6°/Arma Vivente 3°; umanoide Medio;
DV 6d10+6 più 3d8+3; pf 67; Iniz +5; Vel 9 m; CA 21 (contatto
17, alla sprovvista 14); Att +15/+10 in mischia (1d6+2/18-20, scimitarra
esemplare), +10/+5 in mischia (1d4+2/19-20, pugnale), +13/+8 a distanza
(2d6/x3, pistola fulminatrice), +13/+8 a distanza (1d6/19-20/x3,
laser palmare), +13/+8 a distanza (1d4+2/19-20, pugnale); QS Arti
Marziali: Tallone di Ferro, consapevolezza in combattimento, rialzarsi;
AL N; TS Temp +9, Rifl +10, Vol +5; For 15, Des 20, Cos 12, Int
10, Sag 15, Car 16.
Abilità e Talenti: Ascoltare +7, Acrobazia +11, Camuffare
+5, Cavalcare +7, Intimidire +11 (+13 contro coloro che oppongono
resistenza), Muoversi Silenziosamente +10, Nascondersi +10, Osservare
+7, Scalare +4; Arma Preferita (scimitarra), Contratto di Passaggio
(1), Estrazione Rapida, Incarico nella Gilda (1: Apprendista degli
Uccisori), Rifugio (2: monastero Amalteano), Parare, Tiro di Minaccia,
Tiro Ravvicinato.
Qualità speciali: Arti Marziali: Tallone di Ferro:
+2 ad Intimidire coloro che oppongono resistenza.
Oggetti: Sintoseta perfetta, laser palmare, pistola fulminatrice,
pugnale, scimitarra esemplare, scudo di energia da duello.
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Vampire: The Masquerade®
e Werewolf: The Apocalypse® sono marchi registrati della White Wolf.
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di copyright. Dungeons & Dragons e d20 System sono marchi
registrati della Wizards of the Coast e la loro indicazione in queste
pagine non intende violare i diritti di copyright.
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